Nei momenti felici di una grande nazione, la gioventù prende gli esempi; nei momenti difficili, li da.

martedì 2 novembre 2010

Il conto arancio

Cos'è e dove va il nuovo partito di Fini

E' partita la campagna che dovrà condurre di qui a gennaio alla costituzione del nuovo partito di Fini; essa gode di un interesse mediatico esagerato dovuto al sostegno del signor Murdoch e alla mobilitazione delle sinistre che sperano di tornare in sella grazie al signore di via della scrofa.
Ma cosa accade in concreto, cosa bolle in pentola?

Berlusconismo e antiberlusconismo?

Il dibattito s'infervora e si delimita, volutamente e surretiziamente, su berlusconismo ed antiberlusconismo.
C'è chi si sente antiberlusconiano per motivi fondati anche se non sono prerogative del solo Berlusconi (politica del lavoro, cultura, esaltazione del liberismo, servilismo internazionale, anche se questo è di gran lunga inferiore nel suo governo rispetto agli altri e anzi la politica del premier ha delineato qualche porzione d'autonomia). Di solito però lo detestano vuoi perché ha i capelli tinti, vuoi perché è erotomane, vuoi perché è parvenu, vuoi perché è attorniato da corti trimalchionesche non più corrotte di quelle curiali dei suoi predecessori ma certamente più sfacciate, vuoi perché è maschilista, vuoi perché coltiva il rapporto diretto con la gente e considera gli altri politici come dei valletti. Chi si sente antiberlusconiano, specie se per un motivo così futile, guarda con indulgenza all'operato di Fini senza preoccuparsi di leggervi dentro, cosa che sarebbe agevole perché il personaggio non nasconde minimamente il suo piano.
La questione che si pone ogni giorno, ovvero se sostenere Berlusconi o costringerlo ad abdicare grazie a Fini, se funziona alla grande, è però allo stesso tempo miope ed inesatta.
Miope perché l'operazione ha più ampia portata e guarda lontano.
Inesatta perché la lite, tutta combattuta sull'immagine del premier, copre le reali ragioni di opposizione fininana a Berlusconi. Ragioni chiare e conclamate. Ovvero contrasto del decisionismo, resistenza all'autonomia che lo Stato vuol recuperare dall'eccezionalità sovietica impostasi dopo Mani Pulite, difesa del politicamente corretto, aumento dell'immigrazione, allentamento dei rapporti politico-energetici con la Russia.
Insomma, Fini & co, rispetto al sistema berlusconiano, si trovano in opposizione solo ed esclusivamente riguardo i dati positivi, mentre sono perfettamente allineati con tutto il resto.

Distrazione, onore e pazzia

La distrazione regna sovrana in un'epoca in cui si vive sotto continua ipnosi.
Ed ecco che chi spera in un sussulto, come dicono i finiani, non si preoccupa neppure di notare quali sono i punti di critica mossi a Berlusconi sì da dedurne in modo lineare che qualunque cosa si pensi di Berlusconi, Fini è, e soprattutto sarà, molto peggio.
Non riflettendo ma soffermandosi alle premesse, magari condendole con le proprie rivendicazioni esistenziali, alcuni s'illudono di trovare nel nuovo soggetto politico degli spazi di libertà, di partecipazione, di ritorno alla politica. Un'aspettativa risibile ma talmente forte psicanaliticamente che chi la nutre si dimentica chi è Fini e quanto è inaffidabile.
E' l'uomo che, fatta carriera sul sangue e sulla fierezza dei militanti del Msi e dei Volontari della Rsi, non ha avuto alcuno scrupolo a insozzarne la memoria fino a proclamarla “Male Assoluto”.
Certo, può aver cambiato idea. E' legittimo, può essersi scoperto antifascista, può aver capito di avere sbagliato campo, ci sta tutto. I percorsi possono mutare, ma non si può essere vissuti professionalmente e finanziariamente sulla passione e sul sangue dei militanti e dei combattenti per poi insultarli senza contemporaneamente dare le dimissioni e cambiare mestiere. Un uomo si comporterebbe così. Fini ha fatto altrimenti: ha aderito al partigianesimo quando ciò era conveniente e lo ha fatto senza pagare alcun prezzo o alcun rimborso, andando anzi all'incasso del pluriennale equivoco.
Un pluriennale equivoco il cui frutto si è protratto nel tempo. Se sull'appartamento di Montecarlo la Magistratura ha stabilito che la questione sollevata è da causa civile e non penale, non ha però toccato il punto centrale che va ben al di là dei tribunali e dei gossip. Un bene ceduto ad un partito che è andato avanti a suon di morti, si trova oggi non ad essere un patrimonio dei militanti o meglio ancora delle famiglie dei suoi Caduti, bensì nelle mani di quella della compagna del suo presidente o, comunque, se qualcuno si degnerà di svelarci l'arcano, in mani private. Questo non ha bisogno di commenti, come non ce l'ha che Fini sia l'unico leader a parlare come un antifa, ad attaccare regolarmente il fascismo, sia per il passato che per la potenzialità futura. E ciò in controtendenza, visto che lo stesso Partito Democratico si è rifiutato d'iscrivere l'antifascismo nel suo programma in quanto anacronistico. Eppure, malgrado ciò, qualcuno si distrae ancora...

Non ha l'esclusiva

Malgrado le performances che chi non disgiunge onore da fedeltà non può non ritenere contrarie alla propria dignità, all'etica e al buon gusto, intraprese da Fini fin dal 1994, molti non trovarono il coraggio e la fantasia per piantarlo in asso. Ciò si comprende. Non lo si giustifica, lo si capisce: restar soli è dura.
Che oggi però qualcuno s'imbarchi in un'avventura ex novo dietro un personaggio così è sbalorditivo. Se non c'è puro e meschino calcolo carrieristico vorrà dire che delle due l'una. O chi lo segue non ha alcuna considerazione per ciò che è essenziale e che è alto, oppure è masochista.
Va riconosciuto che, pur avendone il primato temporale e probabilmente quello qualitativo, l'attuale Presidente della Camera non ha l'esclusiva dell'abiura vantaggiosa e dell'insulto dell'ideale di milioni di persone. In molti fanno a gara con lui. Al sindaco di Roma, sempre puntuale nelle esternazioni di questo genere, si uniscono, scalpitando e strafacendo, gli ultimi arrivati, come la governatrice del Lazio.
Gente che non sta con Fini ma con il Pdl. Dunque, si dicono, e ci dicono, i finiani, tra un insulto e l'altro scelgo chi meglio mi sta. E il discorso degli ex An in Pdl è sovente il medesimo. Ma non è necessario, per non seguire Fini, stare con Alemanno, con la Polverini o con chiunque altro, basta stare in piedi e non prosternarsi anche se ciò è faticoso, dunque da fessi e non si usa più.
Guardatisi intorno, si dicono, e ci dicono, i finiani, insultare, abiurare, è prassi comune, quindi normale.
Non è normale: non si diserta se sono tanti i disertori, non si calunnia se sono tanti i calunniatori, non si ruba se sono tanti i ladri, non ci si corrompe se sono tanti i corrotti.
E' l'insegnamento dei campi di prigionia in Hymalaia e in Texas, è l'insegnamento di Coltano.
Ma l'idea di normalità oggi è piuttosto confusa, essendosi smarrita non tanto la scala dei valori quanto l'idea stessa dei princìpi.
Ed è, quindi, esercizio per pochi rigettare Fini per quello che è. I più amano tapparsi il naso perché, verosimilmente, non hanno un'alta concezione dell'Onore, del dovere, della coerenza, della lealtà.
Roba per pazzi, roba per poeti!

Una spremuta arancione

Un po' più numerosi dovrebbero essere coloro che decifrano i segnali, per la verità non criptici, emessi dall'ex delfino di Almirante.
Cosa ci propone costui?
Meno decisionismo, più politicamente corretto, più immigrazione, svuotamento dell'idea di nazionalità e, in aggiunta, più tasse, sì da penalizzare la produzione nazionale.
E' il programma del mondialismo avanzato. Quello dei suoi referenti internazionali, Murdoch, Dassault e Soros. L'uomo, quest'ultimo, che colora di arancione le sommosse liberal, che finanzia ceceni, bosniaci, kosovari e albanesi. L'individuo che a suo tempo minò in prima persona la politica finanziaria italiana impedendoci di raggiungere una qualsiasi autonomia. Il magnate che ha finanziato a fiumi il partito radicale. Fini, accolto a Milano da una non innocente kermesse arancione, sta ricoprendo precisamente lo spazio lasciato libero dal partito radicale e lo fa peraltro proponendosi come erede degli interlocutori istituzionali di quel Partito d'Azione che ha esercitato per decenni il controllo oligarchico, cosmpolita e Wasp della politica e dell'economia italiana.
Fin qui nulla di trascendentale, anche se stupisce come gente proveniente da un certo mondo politco non se ne avveda.
Ad essere ben più grave è invece l'operazione che si è messa in marcia subito, a partire dalla proposta di Granata sull'immigrazione. Il disegno è di far passare la medesima politica attuata trent'anni fa in Paesi come la Francia e il Belgio il cui effetto fu di moltiplicare per quattro in tempi brevissimi l'immigrazione per poi instaurare i quadri socioculturali disperati e disperanti di cui Parigi e Bruxelles come le più precoci L'Aja e Berlino si sono pentite amaramente e da cui cercano di uscire in qualche modo, ma non sanno bene come.
La manovra finiana (o sorosiana?) è supportata da una serie di cinquantenni reduci dai fallimenti dei Campi Hobbit in cui hanno maturato complessi di colpa identitari e complessi d'inferiorità verso la sinistra. Essi adoperano, adesso, gli stessi argomenti astratti quanto edificanti dei gauchistes d'antan, con l'aggravante che, a differenza di quegli apprendisti stregoni, oggi tutti hanno sotto gli occhi quale inferno sia in realtà il paradiso buonista e possono rendersi conto senza difficoltà della minaccia di strage socio-etno-culturale che la loro irresponsabilità e la loro presunzione intellettuale rappresentano per l'Italia.

Percorsi per un genocidio

La questione non è dunque se stare con Berlusconi o con Fini, è di capire dove va e dove conduce quest'ultimo. Molto probabilmente intraprende un percorso breve nell'auspicio di raggiungere, per se stesso, la carica di Presidente della Repubblica.
Il percorso della sua armata, sempre che Berlusconi non resista contro ogni logica agli attacchi serrati, multipli e concentrici di cui è oggetto, sarà verosimilmente a termine. Il ruolo che le è stato affidato è quello di sabotare. Poi, se l'operazione in atto riuscirà, ad attuare la politica di disgregazione mondialista di cui Fini ha fatto una bandiera sarà gente più solida e giovane. Il papabile beneficiario dell'esito di questi movimenti è l'attuale sindaco del Pd di Firenze, Renzi, ad oggi il più probabile uomo-sintesi di un populismo trasversale, politicamente corretto ed immigrazionista che dovrebbe soppiantare quello social-reazionario attualmente in voga. E' per lui, o per qualcuno come lui, che i gregari finiani tirano la volata. Una volata comunque volta al traguardo della distruzione nazionale.
Il problema non è tanto di contrastare Fini o di sostenere Berlusconi quanto di cercare d'impedire il nostro genocidio il che è possibile solo mediante l'affermazione di un rinnovato populismo politicamente scorretto e capace di cogliere i tempi e le trasformazioni.

Equivoca pericolosità

In questo l'attuale kermesse arancione esprime tutta la sua equivoca pericolosità.
Il Fli si propone come una forza trasversale, irrituale nel linguaggio e anti-schematica.
Paradossalmente ci appare come l'inverso di Casa Pound.
Entrambi i soggetti rompono gli schemi e, l'uno autenticamente l'altro in chiave propagandistica non supportata al momento da gesti od opere, si richiamano al futurismo.
Però mentre il Fli lo fa nell'ottica di ridurre a poltiglia la Nazione, e lo si evince dai richiami al maggior servilismo atlantico, dai legami con le centrali Wasp e dalla politica demonecrotica che propone riguardo l'immigrazione, Casa Pound fa invece un'operazione di ricostruzione nazionale politicamente scorretta.
Né è un caso poi che i richiami di Casa Pound siano sempre e comunque al fascismo e quelli del Fli siano all'antifascismo.
Ho l'impressione che i due soggetti siano spiritualmente e politicamente agli antipodi e che il successo nell'immaginario collettivo dell'uno o dell'altro avrà un peso nei destini di tutti.
Non pretendo che l'alternativa futura sia tra Fini e Iannone, perché la questione è molto più complessa ed articolata, ma l'immagine rende un po' l'idea del tutto.

Una sfida in avanti

L'attuale impasse delle coalizioni, sia quella governativa che quella d'opposizione, dovrà esser superata con nuove confluenze e nuove polarità.
L'assemblaggio di più culture e tradizioni politiche in un medesimo contenitore ha già dissodato il terreno permettendo, per esempio, l'incontro di neofascisti con craxiani e democristiani della sinistra storica, ovvero tra gli eredi della linea italiana in politica estera che partendo da Crispi e passando per Mussolini si è riproposta con Mattei e Craxi.
Non è un potenziale di poco conto.
Se a ciò si sommano, prospetticamente, la sinistra sociale e quella libertaria sempre più deluse dal sindacalismo, ecco che si delineano ipotesi future per un peronismo all'italiana che, anche per semplici ragioni anagrafiche, si situa nel dopo-Berlusconi.
Se lo sappiamo noi, lo sanno anche i Murdoch e i Soros.
Anticipare quindi, nelle strutture mentali e nelle espressioni politiche, ciò che potrà accadere, ma dando ad esse una polarità opposta, altri ideali ed un altro contenuto, rappresenta una mossa strategica di primo livello. Una mossa giocata con Fini e con Renzi (il quale però può rivelarsi un'incognita).
Più sabotatore è il primo, più solido, ed anche politicamente ed umanamente più interessante, il secondo.
Il disegno è comunque delineato e bisogna evitare quantomeno che venga realizzato in pieno.
Sta a noi, intesi come uomini liberi e coscienti, muovere per tempo e meglio.

Competitori

Non si tratta di fare gazzarra con i finiani né di perder tempo a domandar loro come una persona intelligente e provvista d'amor proprio possa starsene lì appresso a un simile individuo e a un progetto del genere. E' fatica inutile e non ne vale la pena.
Si tratta di ben altro: ci tocca anticipare i tempi per non perdere l'appuntamento con il destino.
Su questo il Fli è sicuro competitore di chi ha una sensibilità sociale e nazionale, il Pd populista gli è parzialmente competitore (difatti offre anche potenziali spazi di convergenza); la reazione sociale politicamente scorretta è invece un elemento imprescindibile della possibile sintesi futura così come lo sono il sindacalismo autonomo e le forze del lavoro libere dalle nomenklature.
Certamente servono soprattutto la presenza a se stessi e il recupero di una gerarchia valoriale che è stata completamente smarrita dai più e che viene troppo spesso minimizzata da chi fa politica come un hobby o un mestiere.
Di lì si parte, tutto il resto, altrimenti, non potrà funzionare.
Ed è pensando a questo quadro di domani che dobbiamo confrontarci con i neoliberal, radicali arancioni che stanno per costituirsi in partito e che spacciano per straordinarie novità le ideologie e i progetti che hanno già reso poltiglia metà dell'Europa.
da:noreporter.org

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