Nei momenti felici di una grande nazione, la gioventù prende gli esempi; nei momenti difficili, li da.

martedì 11 dicembre 2012

Il disastro di Monti e le sue responsabilità sancite a livello internazionale

Poco più di un anno fa il Financial Times, uno dei più importanti quotidiani finanziari del mondo, si abbandonava ad un grido di dolore che era anche un anatema inappellabile, titolando a tutta pagina: “In nome di Dio, Berlusconi vattene”. Lo stesso giornale poco dopo salutò con entusiasmo ed elogi incondizionati l’avvento di Monti, definito pomposamente come “la spalla dell’Europa”.


Hanno avuto ragione: era la spalla sulla quale poi si sarebbe pianto. Il disastro combinato da Monti in poco più di un anno è tale che neanche i più fedeli tra i suoi aficionados sono ormai disposti a prenderne le difese, ma anzi si affrettano a prendere da lui lunghe distanze. All’FT bastarono poche settimane per ricredersi sul conto del premier-professore ritenuto, senza che nessuno sapesse dire perché, un tecnico valido, serio e che “avrebbe rimesso le cose a posto” perché ritenuto “refrattario alle strumentalizzazioni demagogiche e clientelari della politica italiana”. Dopo la sua nomina a premier la stampa internazionale cominciò a guardare alla politica montiana con ingiustificata, ma illimitata fiducia e poca cautela. Scriveva il FT :”Grandi tagli di spesa ed aumento delle tasse sono una cosa. Il vero test sarà però quello della liberalizzazione dell’economia. Qui si confronterà con pratiche restrittive e cartelli in cerca di rendite di posizione. Questa settimana le città italiane sono state paralizzate da tassisti e camionisti. Farmacisti, avvocati, benzinai sono sul piede di guerra, in difesa dei propri privilegi. Non sarà facile”. No, infatti per Monti la cosa più che difficile s’è rivelata impossibile. Già dopo la “unnecessary” riforma delle pensioni, corredata da errori la cui portata non è ancora possibile valutare, ma che col buco degli “esodati” supera la decina di milia rdi, e la scialba, pavida e rinunciataria riforma delle professioni, il quotidiano della City londinese scrisse con sarcasmo : “Se Monti è questo, chiediamo scusa a Berlusconi”.

Il Wall Street Journal, altro giornale che vide di buon occhio la nomina di Monti si spinse più in là, ed in un editoriale dal titolo “Surrender, Italian Style”, cioè “Resa all’Italiana” riferendosi alle concessioni fatte alla Fornero da Monti nella presunta riforma del lavoro, arrivò a chiedere scusa ai propri lettori, affermando che circa le qualità del neo-premier italiano s’erano semplicemente sbagliati, avevano preso un abbaglio. Più tardi il FT tornò a chiosare sul percorso che ci si aspettava che Monti percorresse : “La sfida da fronteggiare, quella cristallizzata dalla crisi congenita dell’euro come moneta unica, mentre i padroni della politica e dell’economia polemizzano sui meriti o i demeriti della svalutazione, o dei giochi d’equilibrio fra rettitudine fiscale e politiche espansive della domanda, è se l’Europa può ancora competere in un mondo nel quale non è più in grado di controllare le oscillazioni dei cambi. In questa funzione Monti può svolgere un ruolo essenziale”. Vero, l’ha fatto, ha svolto un ruolo essenziale, ma a favore della Germania e dei nordeuropei in genere, tradendo il suo Paese. Già a fine anno scorso le prime critiche a Monti del FT che sentenziava : “I piani economici di Monti sono avvolti nella nebbia”. Critiche che sono divenute dei veri atti d’accusa quando s’è dimostrato che Monti aveva solo mirato ad introdurre quel rigore preteso dalla Merkel e dalla Ue, rinunciando a quella azione incisiva per il rilancio dell’economia italiana ed europea auspicata da mezzo mondo, dal Giappone agli Usa, dalla Cina al Regno Unito e che tutti si aspettavano. Ed adesso che Monti ha gettato l’Italia in un baratro, ecco che lui scappa inseguito dalle accuse di quelli che erano i suoi più solerti sostenitori. Caustico il FT qualche giorno fa, che neanche si sofferma più su Monti, ma parla vagamente di “governo italiano, formato da burocrati che pensano solo all’Europa”. Bordate sorprendenti e inaspettate quelle del quotidiano londinese che spiega: “quello italiano è un governo litigioso, con una burocrazia radicata e inestirpabile e un primo ministro focalizzato solo sulla scena internazionale.


I problemi interni dell’Italia sembrano crescere e andare oltre la capacità del suo governo tecnocrate di risolverli, anche in vista dell’aggravarsi della crisi del debito nell’Eurozona”. Guy Dinmore, in un durissimo fondo, cita lo scontro nell’esecutivo tra il ministro dello Sviluppo Economico, Corrado Passera, e i suoi colleghi sulle riforme necessarie per la crescita e lo sviluppo. Quindi il FT attribuisce ad una fonte governativa che vuole restare anonima: “Oggi siamo alla resa dei conti, al tutti contro tutti. C’è motivo di credere che si stia entrando nella fase tre della vita dell’esecutivo, quella delle recriminazioni, dopo un’iniziale luna di miele e il successivo ritorno alla vita vera”. Poi l’affondo finale del quotidiano inglese che è una pietra tombale sul governo di Monti: ”L’Italia è nelle mani di burocrati che stanno combattendo non a favore, ma contro il cambiamento, nonché in quelle di un primo ministro che non si decide a fare i passi decisivi. I mercati – aggiunge Dinmore riferendosi alle riforme promesse, ma tutte mancate, dal taglio delle province alla fiscalità, dalla burocrazia alla giustizia – si renderanno conto a un certo punto che l’Italia non ha fatto molto e che la capacità del governo di spingere importanti, ma impopolari, riforme strutturali in Parlamento, s’è azzerata”. Parole che pesano come piombo e che danno il giusto rilievo ai reali fattori che considerano gli investitori quando si muovono sui mercati.

Ancora più esplicito il dissenso del Corsera, un giornale sinora montiano al di sopra di ogni sospetto, che parla apertamente e duramente di “governo che ha preso la direzione sbagliata”. In un editoriale firmato dalla coppia Alesina-Giavazzi, il quale ultimo ricordiamo era stato sul punto di essere cooptato dal governo Monti, il Corsera sembra bocciare Monti senza alcuna possibilità d’appello “il cui sforzo riformatore è stato un vero fallimento. Molti osservatori (internazionali, ndr) sono rimasti perplessi e si chiedono in che direzione si muoverà il governo Monti. A noi pare che si vada nella direzione sbagliata”. Bene. Ora a noi sembra incredibile che a grandi esperti della finanza dell’economia e della politica ci sia voluto un anno, immani sacrifici da parte della gente, il dissesto totale del Paese, della sua società, della sua economia per rendersi conto di una cosa che noi nel nostro piccolo avevamo denunciato da subito e più volte ribadito.

Era infatti evidente, al di là dell’imbroglio e del ricatto dello spread, che guarda caso nessuno di quelli che adesso accusano Monti tira più in ballo, che il nodo della questione non fosse tanto il disavanzo pubblico, quanto il rilancio e la crescita dell’economia per farvi fronte. I debiti si ripagano creando ricchezza dalla quale trarre le risorse per il welfare, per ridurre l’indebitamento, per sostenere la crescita della società. Monti ha invece seguito un disegno perverso: siccome per molto tempo abbiamo vissuto al di là delle nostre reali possibilità, ed è vero, adesso dobbiamo chiudere i rubinetti e rinunciare a tutto quello che avevamo, dalla sanità all’occupazione, dalla scuola ai trasporti, il che è assolutamente assurdo. Un disegno politicamente folle che privilegia una recessione irreversibile ed irrimediabile, anziché creare quella svolta che era nelle attese di tutti dentro e fuori i confini nazionali. Il vero dramma dell’Italia non è quello di avere un debito di 2mila miliardi, ma che questo debito sia stato fatto per alimentare sprechi, clientele, corruzione, spese ed opere inutili. Se i soldi fossero stati spesi per ammodernare lo stato, migliorare la formazione delle nuove leve, informatizzare il Paese, eliminare la burocrazia, ridurre le tasse e sostenere i consumi, mettere in piedi un sistema giudiziale equo, rapido ed efficiente, per migliorare il sistema pensionistico, e le grandi infrastrutture di base quei 2mila miliardi costituirebbero oggi solo una curiosità contabile. Il dramma è che siamo sommersi di debiti nel momento in cui disponiamo di un sistema produttivo esausto, spesso obsoleto e con una efficienza non all’altezza dei tempi e della competizione globale, per cui non abbiamo più le risorse per dare vita alla crescita ed a tutte le riforme ad essa necessarie. Era in questa direzione che si sarebbe dovuto muovere un governo di competenti tecnici. Ed è qui che Monti ha clamorosamente fallito come adesso pare si siano scatenati tutti a contestargli. A cominciare dal Corsera che sottolinea come “il provvedimento più importante che il governo si appresta a varare riguarda le infrastrutture, ma non è questa la priorità dell’Italia, cui servono infrastrutture di altro tipo: una giustizia veloce, certezza del diritto, regolamenti snelli, un’amministrazione pubblica che faccia il suo dovere e non imponga costi enormi a cittadini e imprese, un’università che produca buon capitale umano e buona ricerca, ed una lotta efficace alla criminalità organizzata”. Infine l’ultima bordata: “Ciò che il governo oggi sta discutendo ci pare, purtroppo, molto più simile alla vecchia politica che alla ventata innovatrice che respirammo (in effetti che speravano di poter respirare, ndr) per qualche settimana lo scorso novembre”. Tornando quindi alla domanda sul dove vada Monti la risposta è semplice: Monti non andrà da nessuna parte, ma piuttosto, con la stessa vigliaccheria con la quale ha finto di governare l’Italia, mentre invece assecondava gli interessi suoi personali e quelli dei nemici del Paese, scapperà. Scapperà dalle voragini create nella finanza per decine di miliardi di euro, nella previdenza con un numero ancora non definibile di “esodati”, scapperà da una cambiale da 45 miliardi scadenza 2013 che lui ha firmato alla Merkel, scapperà dal mare di precari e disoccupati che ha creato, scapperà da sistemi fatiscenti nella scuola e nella sanità che invece di risanare ha affossato con tagli scellerati, scapperà da un sistema produttivo che il mondo ci invidiava, ma che lui ha messo in ginocchio, scapperà da un debito irresponsabilmente dilatato a dismisura, scapperà da riforme che non è stato capace neanche di abbozzare, scapperà dalla depauperazione del patrimonio nazionale con l’attacco ai risparmi ed il deprezzamento immobiliare. Scapperà dalla sua presunzione, dalla sua spocchiosa prosopopea ora che tutti hanno avuto la misura del suo rigorismo bilderberghiano salva-banche. E adesso che se ne va, saremmo tutti disposti a firmare se, chi sarà chiamato a sostituirlo, in un anno facesse crescere la produzione industriale del 12 %, l’occupazione del 40%, il Pil del 3 %, se l’indebitamento fosse ridotto del 6 %, se i precari diminuissero del 25 %, se le tasse diminuissero del 30%. Se tutto questo succedesse staremmo esattamente come stavamo un anno fa, né più, né meno. Per fare questo, occorre che il nuovo governo si impegni a smontare pezzo per pezzo, come sostiene il Financial Times, il puzzle messo insieme dal prof ex bocconiano. E’ questo, più di ogni altro commento, a dare la misura del disastro provocato da Monti.