Nei momenti felici di una grande nazione, la gioventù prende gli esempi; nei momenti difficili, li da.

sabato 23 marzo 2013

L'ULTIMO SUSSULTO DI SOVRANITA' NAZIONALE ITALIANA

Lo ricordo bene quell’11 settembre 1985. Soprattutto in queste ore che mi fanno pensare all’ennesimo 8 settembre dell’Italia senza onore e dignità. Ventotto anni fa c’era Bettino Craxi a Palazzo Chigi. Un aereo dirottato da un commando palestinese che aveva attaccato l’”Achille Lauro”, atterrò all’eroporto militare di Sigonella, in Sicilia. Gli americani reclamarono la consegna dei palestinesi ai marines. Il presidente del Consiglio si oppose fermamente, facendo venire meno con il suo diniego, la regola imposta dalla fine della guerra dall’Impero americano: l’ossequio al principoio del primato degli interessi statunitensi in Europa. Craxi ebbe il coraggio e la forza di sfidare il potente alleato imponendo il rispetto della sovranità nazionale italiana. Sull’aereo dirottato e sui palestinesi si applicava l’ordinamento italiano, la giurisdizione era incedibile.

Gli americani tentarono la prova di forza. Il premier ordinò all’ammiraglio Martini di assumere il comando delle operazioni militari per far rispettare il nostro diritto. Capita l’antifona, i soldati statunitensi si ritirarono, mentre le autorità italiane arrestavano i quattro dirottatori. Non mi dilungo su tutti i successivi passaggi. Ricordo soltanto che Martini, in accordo con Craxi, comunicò al pilota americano che con il suo aereo ostruiva la pista di Ciampino, dove nel frattempo i ditottatori erano stati trasferiti, che aveva cinque minuti di tempo per togliersi di mezzo, dopodiché avrebbe dato ordine al bulldozer di buttarlo fuori. Ne passano solo tre. L’F-14 a stelle e strisce accese i rumori e si perse nel cielo di Roma.

Sì, fu l’ultimo atto di uno Stato sovrano. Pienamente ed orgogliosamente sovrano. Non possiamo e non dobbiamo rimuoverlo quell’episodio. Dopo poco gli americani cambiarono atteggiamento e riconobbero, senza peraltro mai ammetterlo uffcialmente, il buon diritto dell’Italia a far valere le sue prerogative. E adesso? Uno sbadiglio dell’India ci ha esposto alla più barbina delle figure in campo internazionale. I marò tornano, se ne vanno, restano. Si fa la faccia feroce, poi tutto si conclude com’era prevedibile: la riconsegna a coloro che ne reclamano la detenzione. Ma chi ha architettato questo immondo pasticcio politico, diplomatico, civile, giudiziario? In un altro Paese, Monti ed i suoi ministri, “tecnici” per antonomasia, si sarebbero già dimessi. E poi? Mettiamo il caso che ciò accadesse, chi reggerebbe Palazzo Chigi? Ecco il problema. Il vuoto di potere genera mostruosità come quelle che si sono abbattute sui due fucilieri che da “pacchi postali” vanno e vengono dall’India senza nessuna certezza e con tanta paura addosso.

Si dice che le autorità di Delhi abbiano promesso che a Massimiliano Latorre e a Salvatore Girone non si applicherà la pena di morte, contemplata per il reato di cui sono imputati. Ci si deve fidare? E perché? Gli indiani non si pongono il problema. Non se lo pongono neppure le cancellerie occidentali. E perfino l’ineffabile lady Ashton, commissario europeo per la sicurezza e la difesa, sembra non crucciarsi più di tanto. Anzi, per niente. Siamo soli. Italiani “brava gente”, governati da pessimi burocrati. La sovranità è un sogno che non ci possiamo permettere.


(tratto dal "Secolo d'Italia" 22/3/2013 di Gennaro Malgieri