Nei momenti felici di una grande nazione, la gioventù prende gli esempi; nei momenti difficili, li da.

venerdì 14 gennaio 2011

Il ministro Meloni e i bamboccioni.


PUBBLICHIAMO LA LETTERA INVIATA DAL MINISTRO DELLA GIOVENTU', NONCHE' PRESIDENTE NAZIONALE DELLA GIOVANE ITALIA, GIORGIA MELONI AL "GIORNALE" RIGUARDO AL DIBATTITO SULLE GIOVANI GENERAZIONI.

"Davvero c'è qualcuno che può ne gare l'esistenza, oggi, nella nostra nazione, di una «questione giovanile»? In quale altro modo si potrebbe definire il combinato disposto tra la più alta disoccupazione giovani le dal dopoguerra, la precarie tà dei più consueti rapporti di lavoro, gli stipendi che per la prima volta decrescono rispetto agli anni precedenti, il co sto della vita che viceversa continua a crescere, la pres sione fiscale che non molla di un centimetro rendendo va ne le nuove idee imprendito riali, un sistema pensionistico impostato su base retributi va che evidentemente restitui rà ben poco del pochissimo che già si sta guadagnando og gi? Vogliamo chiamarla diver samente perché la tiritera sulla «questione giovanile» ci ha ormai stufato? Per me va benissimo.

Sono terribilmente allergica alla retorica. Purché si abbia l'onesta intellettuale di riconoscere che al di là dei termini giornalistici o politi chesi e di alcuni vizi genera zionali figli del benessere ac quisito, c'è un problema da af frontare. E possibilmente risolvere. Come giustamente fa ceva notare una lettrice nei giorni scorsi, magari fossero solo quelli della disoccupazine o della scarsa propensione ad accettare lavori poco «nobi li », i nemici da sconfiggere.

Troppi «under 40» (40!), mentre sto scrivendo questa lettera, sono al lavoro come stagisti o con un contratto a progetto, o come avvocati, o come giornalisti, dannandosi l'anima per uno stipendio che va tra i 350 e gli 800 euro. Sen za possibilità di migliorare la propria condizione in futuro, considerati come reietti dalle banche quando timidamente si affacciano allo sportello per chiedere un mutuo. Poi ci sono i disoccupati. Tanti, tantissimi. Alcuni se ne stanno indolenti tra le braccia di una famiglia eccessivamen te protettiva, ma molti altri si sbattono tutto il giorno tra un colloquio e l'altro, sperando di mettere a frutto le proprie capacità, i propri studi. Qualcuno vuole dargli torto? Lo faccia, io non me la sen to. Nonostante sognassi di fa re l'interprete linguistica, do po il diploma in lingue con 60/sessantesimi, mi sono tro vata un lavoro come cameriera per dare una mano a casa, rinunciando all'università, de dicandomi successivamente al giornalismo e continuando a fare politica. Detto questo, ri nunciare a quanto studiato per anni in cambio della prima occupazione disponibile è certamente comprensibile, ma non augurabile a nessu­no.

Insomma, la «questione giovanile » non è un vezzo o un'invenzione. Il fatto che si estenda a più di mezza Europa o sia aggravata da un contesto di crisi internazionale, non ci esi me dal trattarla per quello che è: un'emergenza epocale. Per queste ragioni, insieme con i colleghi di governo, ci stiamo consumando nel tentativo di proporre soluzioni efficaci. Il primo punto è stato quel lo dell'istruzione. Penso alle ri forme della scuola e dell'università.

C'è poi l'orientamento al lavoro. Se nel momento della scelta decisiva per la pro pria vita, ognuno avesse ben chiaro verso quali prospettive di guadagno o di occupabilità si sta muovendo, credo che avremmo molti più idraulici, ingegneri o infermieri e meno laureati in materie forse più af fascinanti, ma certamente me no utili alla realizzazione del la propria indipendenza eco nomica. Ancor più complessa è la questione legata ai contratti di lavoro. L'abuso di tipologie contrattuali nate per favorire il primo approccio con il mon­do del lavoro o la necessaria flessibilità delle aziende, va af frontato con grande determi nazione. Lo ha fatto benissimo il Mi nistro Sacconi, riformando il contratto di apprendistato e mettendolo al sicuro dalle spe culazioni. Lo ha fatto il Mini stero della Gioventù con alcu ne delle iniziative contenute nel pacchetto Diritto al Futu ro, come quelle con cui si aiuta la stabilizzazione con con tratti a tempo indeterminato dei giovani genitori.
Nello stesso insieme di misure ab­biamo inserito il fondo di garanzia per l'acquisto della pri ma casa, la compartecipazio ne finanziaria al 40% per le idee capaci di diventare im presa grazie all'interesse di en ti privati e fondazioni pubbliche. Ma ancora molto c'è da fare.
Stiamo lavorando duro per offrire ai giovani italiani le opportunità per realizzare le proprie legittime aspirazioni. In questo senso, per rispon dere alla provocazione di Ma­rio Giordano, non penso che questi abbiano granché biso gno di «calci nel sedere», non foss'altro perché già ne pren dono abbastanza dalla società.
A differenza di altre generazioni del passato, i giovani di oggi non chiedono aiutini di Stato, il 6 politico o i privilegi di cui hanno goduto altri. Ma una cosa è certa, nessu no di loro disdegnerebbe, me compresa, di rifilare qualche calcio nel sedere a quei politi ci e sindacalisti che negli anni belli dell'economia hanno pensato bene di mandare le persone in pensione a 40 anni o hanno messo insieme il secondo debito pubblico più grande del mondo. Lascian do il conto da pagare a chi sa rebbe venuto dopo. A noi."

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