Nei momenti felici di una grande nazione, la gioventù prende gli esempi; nei momenti difficili, li da.

lunedì 30 maggio 2011

Analisi del voto a Varese. A quando il ritorno della Politica tradizionale tra la gente?

Penso sia d'obbligo fare una breve analisi del voto, nonchè un esame di coscienza, dopo il voto che ha consegnato al centrosinistra le importanti città di Milano, Napoli, Trieste, Cagliari, più altre minori, come Novara, ecc..
L'esame di coscienza a dire il vero, più che noi, sani militanti vecchio stile, dovrebbero farselo i "capoccia" sia del Pdl che della Lega Nord, veri artefici di una disfatta come non accadeva da anni in Italia.

In una città importante come Milano ad esempio si è sbagliato tutto, sin dall'inizio. Si è data per scontata la vittoria al primo turno, sottovalutando l'avversario, mentre si è insistito sulla totale denigrazione del nemico nel secondo turno, e in entrambi i casi il centrodestra è uscito sconfitto. Perchè? La risposta è semplice. Pensiamo a quello che dicevamo fino all'anno scorso su Berlusconi: "la sinistra continua a dire che Berlusconi è mafioso, ladro, nano e corrotto, che fa solo i suoi interessi e che dovrebbe andare in galera. COntinuino pure a denigrarlo, così vinceremo ancora per 100 anni". Denigrare il nemico! QUello che è stato fatto con Pisapia. Ogni giorno attacchi quotidiani, con risvolti grotteschi, per accreditare ogni misfatto che avviene a Milano, passati presenti e futuri, a lui. Non si è parlato invece di tutto quello che ha fatto la Moratti per la città, e il risultato si è visto.

Ma parliamo di Varese.

Anche da noi l'avversario è stato sottvalutato, e, puntualmente, gli elettori ci hanno punito al primo turno mandandoci ad un ballottaggio che sembrava essere impensabile per tutti, centrosinistra compreso, dato che ormai anche a sinistra sembravano essere rassegnati ad una sconfitta veloce e indolore. Ed invece le cose sono cambiate, e per circa 200 voti, Fontana e Oprandi sono andati allo spareggio. Spareggio vinto dalla colazione Lega PDL di poco, appena un 53,89 contro un 46,1. 7 punti di distanza possono sembrare molti, ma se andiamo a guardare i voti ottenuti vediamo che il distacco tra i due candidati è di appena 2800 voti. Un po' pochino per potersi dire soddisfatti della vittoria. Addirittura il centrodestra ha preso meno voti rispetto al primo turno.

Sia la Lega che il PDL sono calati rispetto alle regionali del 2010, perdendo una buona fetta di voti. Il PDL ha perso 3000 voti, mentre la Lega circa 1000. (giusto per chiarezza, il confronto si fa con le regionali perchè è la situazione politica più vicina rispetto al giorno d'oggi. 5 anni fa, alle scorse comunali, il PDL ancora non esisteva, così come non esisteva il partito di Vendola, nè il PD)

Bisogna chiedersi come mai la disfatta è stata di una tale portata. Come mai la Lega, che a Varese sperava di fare il botto e diventare il primo partito, ha perso invece voti? Come mai il PDL, che sperava almeno di conservare gli stessi voti, ha avuto un calo così drastico? Eppure, noi della Giovane Italia, abituati a stare nelle piazze e a contatto con la gente, ce ne eravamo accorti già parecchie settimane fa che tra i varesini non c'era tutto questo entusiasmo che i vertici del partito immaginavano. Ed è proprio a causa del mancato contatto con i cittadini nelle strade e nelle piazze che la disaffezione da parte degli elettori è cresciuta.

La politica fatta in mezzo alle persone comuni paga sempre. Pisapia docet. I mercati, i gazebo nei rioni, il colloquio faccia a faccia con l'anziano, con il commerciante o con lo studente, rendono, e fanno sentire la politica più vicina alle reali necessità delle persone. A Milano, così come a Varese, tutto questo è mancato, se non per sporadici casi, nei quali, orgogliosamente, ci inseriamo noi del movimento giovanile. E i risultati si sono visti. Cosentino, il nostro candidato, ha battuto assessori uscenti, potenti outsider e altri, arrivando dal niente a ottenere 332 voti e risultando il sesto più votato su 400 candidati di tutti i partiti al consiglio comunale.

Quello che manca insomma, è la politica fatta tra la gente per la gente, poltica questa che noi giovani, che facciamo parte di una Destra sociale e identitaria abbiamo sempre portato avanti, ma non di certo si può dire per la stragrande maggioranza del nostro partito di riferimento, il Pdl. Idem per la Lega, che sembra aver perso il suo contatto, forse più riferito a parole che non attuato nei fatti, con il territorio e la gente comune.

Autocritica insomma, per ripartire e andare avanti. Ma per ripartire, occorre riconoscere il predominio della politica tradizionale predicata quotidianamente in maniera disinteressata e gratuita sulla politica fatta da attacchi violenti all'avversario, dalla denigrazione, nonchè sulla politica fatta organizzando solo cenette per pochi eletti, oppure rilasciando solo interviste sui giornali, pubblicando qualcosa sul profilo di facebook, o restano chiusi nel proprio ufficio senza mai farsi vedere in strada.

Speriamo che il Pdl capisca tutto questo, e che Berlusconi, sopratutto, si appresti a fare queste stramaledette riforme che, per mille motivi, sono ancora ferme al palo. Non c'è più tempo per aspettare ancora, la sinistra altrimenti avanzerà ancora di più, e chi ci andrà di mezzo, tra una moschea e un campo rom, sarà, come al solito, la gente comune.

lunedì 23 maggio 2011

GIORGIO ALMIRANTE, UN GRANDE ITALIANO 22 Maggio 1988, 22 Maggio 2011

Giorgio Almirante durante un comizio del MSI a Milano


Sono passati 33 anni dalla tua scomparsa Giorgio. Eri un uomo che sapeva scaldare i cuori quando parlavi alla gente, nei comizi come durante le interviste in tv, che parlavi di alti ideali e lottavi perchè il tuo popolo e la tua Italia vivessero degnamente, senza ingiustizie. Ti ricorderemo sempre, portando avanti i tuoi valori, le tue battaglie di popolo. Anche nel tuo nome avanza la nostra rivoluzione dolce, per una Italia migliore, identitaria, popolare e patriottica.

martedì 17 maggio 2011

SIAMO IN PIU' DI 300, E ADESSO PROVATE A FERMARCI!!! COSENTINO ELETTO CONSIGLIERE A VARESE!!

Scrivere un articolo prima di oggi era impossibile, poichè ieri sera, dopo aver letto i risultati delle elezioni, eravamo tutti troppo euforici per poter trovare la lucidità di spiegare e di ringraziare tutte le persone e gli amici che ci hanno dato una mano.
Ma sarebbe ingiusto non spendere qualche riga per spiegare questa campagna elettorale, questa vittoriosa campagna elettorale, che ci ha portato a tagliare un grande traguardo nella nostra città, ovvero l'elezione di Giacomo Cosentino al consiglio comunale di Varese, con un numero di preferenze addirittura superiore a quello che tutti noi ci eravamo prefissati e che pensavamo di ottenere.

332 preferenze, a fronte delle circa 300 che ci eravamo prefissati di raccogliere, sono veramente tante, e il quarto posto raggiunto da "Cose" tra gli eletti del PDL, nonchè il sesto posto tra tutti gli eletti di tutti i partiti al consiglio comunale (i candidati erano quasi 500), sono il degno coronamento e la giusta ricompensa per una grandiosa maratona elettorale, compiuta come piace a noi: gazebo nelle piazze, perchè la presenza in mezzo alla gente per un politico è fondamentale, e noi ragazzi della Giovane Italia siamo stati i più presenti e costanti ai banchetti, perchè Cose è uno di noi, e per noi la comunità viene al primo posto nella nostra scala valoriale; volantinaggi al mercato, perchè è lì che si incontrano le fasce bisognose della nostra città, come gli anziani, ed è lì che si misurano gli umori della gente comune, tra una chiaccherata con un commerciante che ci espone le sue difficoltà legate al nuovo regolamento, e il pensionato che ci spiega quanto la sua misera pensione finisca tutta per pagare l'affitto di casa, mentre per il cibo quotidiano si deve arrangiare; incontri faccia a faccia con vicini di casa, conoscenti, professionisti, operai, perchè mentre la maggior parte dei candidati ha preferito pagare cene e mandare su facebook anonimi e insignificanti messaggi del tipo "ehi ciao io sono candidato, votami!", noi siamo profondamente coscienti che il rapporto con il cittadino deve essere diretto, senza intermediari, senza intercapedini di qualsiasi tipo, e in 5 mesi di campagna elettorale (ebbene si, abbiamo iniziato a dicembre a incontrare persone) abbiamo parlato con almeno 700 persone, rimanendo in giro dalle 8 alle 24, per poter incontrare quanta più gente possibile.

Questa vittoria è la vittoria della politica pulita e gratuita contro la politica distaccata e interessata, fatta da individui che pensano di conquistare la gente facendo passerelle in corso oppure mandando in giro 4 cingalesi a imbucare i programmi nelle cassette delle lettere dei varesini.

Cose esce dalla comunità militante di Destra, e tutti noi ci siamo impegnati a fondo, senza ricevere alcunchè in cambio, per fargli campagna elettorale, esattamente come ha fatto lui negli anni passati per altri nostri candidati, senza pretendere nulla, senza donarci per sperare di ricevere qualcosa in cambio, perchè per un giovane ragazzo, per un camerata che fa politica, in modo gratuito, mosso solo dalla passione e dagli ideali, sentirsi offrire soldi o sentirsi offrire una poltrona per fare campagna elettorale a sostegno di tizio o caio, è un'offesa.

Dieci anni fa la giovane destra varesina era un gruppo di amici che spinti dalla passione facevano militanza sperando che qualcuno, all'interno del palazzo si accorgesse di loro per poter portare avanti le loro ideali e le loro proposte. Adesso, dopo esserci resi conto che, se vogliamo una cosa DOBBIAMO PRENDERCELA, SENZA ASPETTARE NESSUNO, siamo riusciti a far diventare un nostro compagno di viaggio uno dei consiglieri comunali più votati, staccando di decine, se non centinaia di voti, il vicensindaco e diversi assessori della passata amministrazione comunale. Vi sembra poco?

Un grazie a tutti i militanti, a tutti gli amici che ci hanno sostenuto, perchè questa vittoria è anche loro. Il singolo non esiste se non è supportato da un gruppo, e noi, a Varese, abbiamo il migliore gruppo del mondo, senza il quale questo successo non sarebbe stato nemmeno immaginabile. Una vittoria ottenuta solamente da ragazzi dai 16 in su, più qualche "ragazzo" di mezza età che ci hanno aiutato, ma che conservano ancora l'energia dei vent'anni, perchè per noi la gioventù non è un dato anagrafico, ma un valore, basato per l'appunto sulla gratuità, sulla passione e sul disinteresse.

Grazie mille a tutti voi, anche ai tanti, tantissimi che in questa foto non sono presenti!



Ora siamo in più di 300, PROVATE A FERMARCI!

IL DOMANI APPARTIENE A NOI!!

Giovane Italia Varese

domenica 8 maggio 2011

Bin Laden. Se era disarmato, perchè ucciderlo? Riflessione sulle bugie USA:

"Questa volta gli spin doctor della Casa Bianca non hanno fatto un buon lavoro. La ricostruzione della morte di Bin Laden presenta infatti diverse incongruenze. La più evidente riguarda la ricostruzione del blitz e i termini del mandato.

Lunedì pomeriggio il Pentagono ha ammesso che lo scopo della missione non era di catturare vivo Bin Laden ma di ucciderlo. Dopo qualche ora la Casa Bianca ha corretto il tiro, sostenendo che le forze speciali Seal sono state costrette ad ucciderlo in quanto ha opposto una strenua resistenza ed era ben protetto dalle sue guardie del corpo.

Ieri sono stati diffusi numerosi dettagli sul blitz, che è durato 40 minuti, è stato condotto da 79 uomini con il supporto di ben 4 elicotteri. Poi Washington ha ammesso che Osama Bin Laden non era armato quando è stato ucciso, “però aveva un atteggiamento che ha lasciato temere una sua reazione pericolosa”; insomma 79 soldati super armati contro uno disarmato, che però ha compiuto un gesto sospetto e per questo è stato fatto fuori.

E ancora: chi era al comando a Washington? Ci hanno detto che il presidente Obama è stato informato dal capo della Cia Leon Panetta con una frase ad effetto: “Enemy Killed in Action”. Dopo sono uscite le foto di Obama con Hillary e il vice Biden mentre seguivano “il blitz in diretta sia audio che video” grazie a una telecamera sul casco di un soldato. Infine una terza versione: il presidente avrebbe seguito il blitz solo nella fase finale e la decisione di eliminarlo sarebbe stata presa dal capo della Cia Panetta.

Insomma, Obama ha seguto il blitz in diretta sì o no? Se no, perché? Non è lui il Comandante in capo della Nazione? Se non è alla guida in questi frangenti, quando?

E soprattutto: se Osama era disarmato, perché ucciderlo? Vuoi vedere che la versione più autentica è la prima del Pentagono, ma troppo politicamente scorretta per essere dichiarata pubblicamente?

PS Ora salta fuori una terza versione: secondo Panetta né lui né Obama hanno visto l’uccisione perché «Quando il commando è entrato nel compound, c’è stato un periodo di 20 o 25 minuti in cui non sapevamo cosa stesse succedendo». Ogni dodici ore Washington rettifica la versione, con un solo risultato certo: confusione, confusione, confusione."

Dal blog di Marcello Foa.

mercoledì 4 maggio 2011

La destra identitaria ricorda Bobby Sands.



Strane cose accadono in Europa.
Mentre il vecchio continente è sempre più in balia della tecnocrazia, dove il grigiore dei palazzi del potere soffoca ogni passione per la tanto sognata unità europea, tocca alla fredda e uggiosa Irlanda scaldare i nostri cuori. Sono passati trent’anni da quel 5 maggio del 1981 quando si spense la giovane vita di Bobby Sands. Molti di noi erano troppo piccoli per capire, ma allora il mondo rimase sconvolto dalla storia di quel caparbio irlandese che non toccò cibo per 66 giorni. A noi italiani, che da decenni assistiamo alle sceneggiate di Pannella e compagni radicali, sembra impossibile arrivare fino a questo punto.

Bobby Sands in realtà amava la vita. Voleva vivere in pace con la sua famiglia nel suo quartiere di Belfast, avere un lavoro anche se umile. Ma non gli fu permesso e dovette trasferirsi a Twinbrook un quartiere – ghetto cattolico. Lì vide, forse per la prima volta, dei giovani irlandesi cattolici che non scappavano, che difendevano con le armi la propria comunità. Erano i volontari dell’Esercito Repubblicano Irlandese. Volle unirsi a loro, ai “provos”, diventando membro del Primo Battaglione della “Brigata Belfast”. Aderì alla Provisional IRA perché pur avendo ideali di giustizia sociale, Bobby era un nazionalista. A lui non interessava istaurare il comunismo in Irlanda, ma liberare la sua terra dallo straniero inglese e protestante.

Quando venne arrestato per la seconda volta, nel 1976, e condannato successivamente a ben 14 anni di reclusione per possesso illegale di arma da fuoco, la sua vita arrivò ad una svolta. La sua lotta per la libertà dell’Irlanda non si sarebbe fermata in carcere, ma sarebbe continuata. Nei famigerati blocchi H del carcere di Long Kesh, Sands divenne comandante dei prigionieri politici dell'IRA. Quello di Long Kesh era un vero e proprio lager della “democratica” e “liberale” Gran Bretagna. Umiliazioni e torture di ogni genere erano all’ordine del giorno.

Per questo motivo Bobby Sands iniziò, con gli altri detenuti irlandesi, la lotta per il riconoscimento dello status di prigioniero politico. Fu necessario intraprendere lo sciopero della fame per far conoscere al mondo cosa succedeva nelle prigioni dell’ultima colonia in Europa. Il Governo inglese non volle accogliere le sacrosante richieste dei prigionieri irlandesi. Sands morì con in mano la croce d’oro donatagli da Giovanni Paolo II, da ieri salito agli onori degli altari.
Altri nove commilitoni lo seguirono in quella tragica protesta. Gli irlandesi piansero per giorni il loro “giovane ribelle per la patria”, tra il suono delle cornamuse e gli spari a salve del picchetto d’onore dell’IRA. Pochi giorni dopo la sua morte, il New York Daily News scriveva: “era uno di quei rari giovani che nutriva un amore così grande per il posto in cui viveva, da accettare di morire per esso”.
Trent’anni sono passati e quel giovane irlandese riesce a riscaldare ancora i nostri cuori, resi gelidi da un mondo sempre più schiacciato dall’omologazione e dal senso dello sradicamento. Se i popoli europei provassero un quarto dell’amore che Bobby provava per la sua terra, tante brutture sarebbero spazzate via.