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domenica 23 ottobre 2011

Lega, CL e massoneria, i nuovi equilibri politici varesini

(dal Corriere della sera 06-10-2011)
La città che detesta Roma ma vive sempre più di politica

In 46 anni di Prima Repubblica, Varese ha espresso un solo ministro, «mister terremoto» Giuseppe Zamberletti, primo responsabile in Italia della Protezione civile. Nei 17 di Seconda Repubblica, la città ha invece dato alla Nazione 3 ministri, due direttori di rete Rai, un presidente di Alitalia, uno dell’Inps, consiglieri di amministrazione di Enel, Finmeccanica, ancora della Rai più altri enti minori. «Grazie alla Lega Varese è diventata quello che era Avellino ai tempi di De Mita»: il copyright della battuta viene attribuito al deputato del pd Daniele Marantelli ma in ogni caso fotografa in poche parole la mutazione avvenuta nella mappa del potere cittadino nel giro di pochissimi anni: l’asse—al contrario di quanto avvenuto quasi ovunque —, si è spostato dalle imprese alla politica e Varese si è abituata a dipendere assai di più dall’economia di relazioni, quella fatta nei palazzi, che non dalle idee vincenti. Bizzarro, nella città dove è nato lo slogan «Roma ladrona».

Per un’alchimia del destino (ma è poi tutto così casuale?) mentre Varese diventava uno dei punti focali della politica nazionale, le maggiori imprese della zona sfuggivano dimano ai capitani d’industria locali, per decenni i veri padroni della città: oggi la Whirlpool (l’ex Ignis di Giovanni Borghi) è americana, la B-Ticino francese, l’Aermacchi è nella galassia di Finmeccanica, banche locali non ne esistono più. Verrebbe da dire che il potere di Varese non abita a Varese e questo è in larga misura figlio della parabola della Lega Nord: qui il partito di Bossi è nato ma non ha mai raggiunto il record dei consensi in Italia (26% mentre a Bergamo, Brescia o Treviso sfonda il muro del 30) però qui ha prodotto gran parte della sua classe dirigente. È una Lega, quella varesina, molto più di governo che di lotta, avendo come uomini di peso Roberto Maroni o manager come Antonio Marano (Rai), Giuseppe Bonomi (Alitalia e Sea) o lo stesso sindaco Attilio Fontana, un professionista che non ha mai firmato ordinanze tacciabile di xenofobia. E’ insomma l’indotto generato dall’aver raggiunto posizioni chiave grazie alla politica a condizionare la vita della città.

Ma identificare il potere di Varese con la Lega sarebbe riduttivo; numeri alla mano, al Carroccio di governo si contrappone l’altra vera presenza strutturata della città, Comunione e Liberazione. Cl alle ultime regionali è riuscita a far confluire 14.556 preferenze sul suo candidato Raffaele Cattaneo, e anche alle comunali, fin dagli anni 70 i candidati più votati (nella Dc, in Forza Italia, nel Pdl) sono sempre ciellini. Un peso confermato da un fatto: la chiesa intitolata a Massimiliano Kolbe, quartier generale del movimento, periferia della città, ha assunto negli ultimi anni una centralità che contrasta con la basilica di san Vittore o il santuario del Sacro Monte, tradizionali cuori religiosi di Varese. «Che ci sia stato un trasferimento di potere dall’economia alla politica è fuori discussione — commenta Riccardo Broggini, già "pezzo da 90" della Dc, oggi assorbito dalla sua professione di commercialista—anche se di questo la città non sembra trarne grande beneficio: forse perché i protagonisti di questa stagione sembrano più attenti a compiacere i loro referenti superiori».

Ma la mappa del potere di Varese non sarebbe completa senza parlare di un terzo elemento, oltre a Lega e Cl, una sorta di «convitato di pietra» di cui spesso si sussurra: la massoneria. È proprio Broggini a far cadere il velo: «Quando fui candidato sindaco, e persi, durante la campagna elettorale notai una certa resistenza nei miei confronti da parte di alcuni ambienti della città, facenti riferimento alla massoneria. Quali? Ad esempio quelli legati all’università dell’Insubria». L’università è una realtà autonoma a Varese dal 1998, guidata da allora dal rettore Renzo Dionigi; periodicamente l’ambiente accademico si scontra con quello di Cl per la nomina dei primari all’ospedale cittadino, considerato un centro di eccellenza e le diatribe finiscono regolarmente raccontate sui media locali. Ma davvero il Grande Oriente è in grado di condizionare la vita di Varese? Giuseppe Armocida, storico della città e docente proprio all’Insubria (ma anche assessore esterno in una giunta monocolore leghista), getta acqua sul fuoco: «Se si conoscessero gli elenchi degli iscritti alla massoneria varesina si scoprirebbe che il loro peso è relativo. L’università come centro di potere massonico? Mah, se così fosse l’ateneo cittadino avrebbe attratto molto più risorse e non avrebbe la sede malandata in cui oggi deve operare».

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